Enrico Squazzini ha presentato a Città della Pieve il suo libro “La lunga storia del fiume Nera – Cronaca di una scoperta scientifica”, risultato di un approfondito studio geologico condotto sul territorio: una dissertazione interessantissima durante la quale il pubblico presente ha potuto assistere all’evoluzione geologica di questo corso d’acqua. La ricostruzione della storia del fiume Nera ha permesso di scoprire aspetti finora sconosciuti del territorio umbro e di capire le profonde trasformazioni ambientali avvenute nel corso del tempo. Un fiume è un elemento estremamente dinamico, nel tempo si trasforma cambiando la sua posizione e la fisionomia rispecchiando l’evoluzione geologica, si dice infatti che il fiume modelli letteralmente le forme del paesaggio.
In questa ricostruzione non poteva mancare un cenno ad Antonio Verri, un illustre pievese dell’Ottocento (1839 – 1925) discendente della storica famiglia milanese, geologo, paleontologo, ingegnere idraulico. La sua grande passione per la geologia nacque durante un’escursione in battello lungo il corso del fiume Tevere per motivi professionali, durante la quale sentì la necessità di approfondire i caratteri geologici dell’intero bacino fluviale. Verri dedicò la sua attenzione ai territori dell’Umbria e del Lazio e alla sua Val di Chiana disquisendo sui temi di stratigrafia, geologia applicata e dei caratteri preistorici del territorio umbro. Nella seconda metà dell’Ottocento gettò le basi per le ricerche geologiche nei territori dell’Appennino centrale. Pubblicò oltre 110 lavori, in prevalenza sui temi dell’ingegneria idraulica e della geologia, sul Monte Amiata e sui Fiumi Tevere e Velino, ai quali associò la caratterizzazione della Cascata delle Marmore. Raccolse molto materiale scientifico e bibliografico che donò a diverse istituzioni. Una parte rilevante della sua collezione è conservata presso il “Museo di Storia Naturale e del Territorio” di Città della Pieve, gestito per conto del Comune dal Gruppo Ecologista “Il Riccio” che ha organizzato, unitamente alla Biblioteca “Francesco Melosio”, l’incontro con Enrico Squazzini. Numerosi scritti di Antonio Verri, presenti nella Biblioteca di Città della Pieve, erano in mostra nella Sala Grande di Palazzo della Corgna durante la presentazione del libro. Le lucide intuizioni dell’approccio geomorfologico di Verri, afferma Squazzini, aprirono la strada per il corretto inquadramento delle trasformazioni territoriali avvenute durante l’evoluzione di questo settore della catena appenninica. Egli infatti si dedicò molto allo studio dell’idrografia superficiale ipotizzando per primo che nel Pliocene il fiume Velino sfociasse nell’antico Mar Tirreno dal settore meridionale della depressione di Rieti. Percepì che la conformazione di quel paesaggio fosse il risultato dell’evoluzione geodinamica dell’Appennino e come i fenomeni geologici e le modificazioni della crosta terrestre influenzassero il corso delle acque superficiali incanalate. Pur non riuscendo ad elaborarne i dettagli, il Verri intuì, sostiene Squazzini, che il fenomeno della caduta d’acqua alle Marmore fosse molto antico. Egli sosteneva che si fosse formato già durante il Pliocene per la «rottura che staccò i monti di Pennarossa da quelli di Marmore per cui le acque stagnanti del Velino si precipitarono dal ciglione di Marmore» formando la cascata. Squazzini dice che questa visione anticipa, in qualche modo, l’impostazione che viene fornita dalla geologia moderna che lega l’evoluzione del settore occidentale dell’Appennino centrale ad una tettonica di tipo distensivo.
Recenti indagini scientifiche hanno consentito di accertare l’origine fluviale delle coltri sedimentarie distribuite nell’area situata ad Est del bacino di Terni e a Nord del bacino di Rieti. La ricostruzione della storia del fiume Nera, continua Squazzini, ha permesso di scoprire aspetti finora sconosciuti del nostro territorio. La formazione e l’evoluzione dei grandi bacini intermontani di Rieti e di Terni hanno influenzato profondamente la storia dei fiumi Velino e Nera e i loro stretti rapporti geologici hanno determinato la formazione di importanti emergenze naturalistiche come la Cascata delle Marmore.
L’antichità dell’ambiente della Cascata delle Marmore, prosegue Squazzini, si deduce dal modello di accrescimento dello sbarramento travertinoso formatosi all’interno del letto del fiume Velino: un modello di accrescimento particolarmente complesso legato al fenomeno della vaporizzazione delle acque ad elevata turbolenza. L’ambiente delle rapide, infatti, è composto da una moltitudine di situazioni estremamente variabili nel tempo a seconda dei sedimenti e dei detriti che si accumulano sulla superficie di scorrimento delle acque. Il tipo e la quantità di questi materiali dipendono dal regime delle acque, dalla stagionalità e dalle morfologie del substrato in costante evoluzione.
Una lunga storia che va dal Pleistocene Inferiore, cioè da 2,2 milioni di anni fa, fino ai nostri giorni, in cui il fiume Nera continuerà ad essere un tributario del fiume Velino, fenomeno che attualmente avviene di fronte ad una cascata alta 165 metri.
Le recenti scoperte scientifiche ci consentono, conclude Squazzini, di comprendere ancora meglio la natura del nostro territorio. L’ambiente in cui viviamo è in continua evoluzione e conoscere le modalità con cui esso si modifica nel tempo ci permette di pianificare meglio il nostro futuro. Inquadrare i meccanismi che regolano il nostro mondo ci consente di continuare a convivere con le rigide ed insindacabili leggi della natura.
Alla fine dell’incontro i presenti sono stati guidati alla scoperta del Museo di “Storia Naturale e del Territorio” con le sue varie, ricche, interessanti e particolari collezioni tra cui quella di Antonio Verri.