Il 14 marzo, presso la Sala Congressi Capitini di Perugia, gli studenti della Va A dell’Istituto di Istruzione Superiore “Italo Calvino” di Città della Pieve ed alcuni rappresentanti del Presidio del Volontariato “Insieme si può”, operante al suo interno, hanno partecipato al terzo incontro organizzato dal Presidio Scuola di Libera Umbria: “Libera Vent’anni dopo: la storia/le storie”, che prevedeva, come ormai consuetudine per esperienze come questa, la presentazione dei lavori delle numerose scuole presenti e, in questo caso, l’incontro con lo storico Franco La Torre, figlio dell’Onorevole Pio La Torre, assassinato dalla mafia il 30 aprile 1982.
Per alcuni degli studenti del “Calvino” questa è stata una preparazione alla partecipazione, il 21 di marzo, alla XX Giornata della Memoria e dell’Impegno, dal tema “La verità illumina la giustizia”, che si svolgerà a Bologna. Chi scrive, insieme a Giacomo, Lorenza e Charis, è convinta che un’esperienza come questa del Capitini permette di conoscere meglio il problema mafie e corruzioni, aiuta ad essere cittadini consapevoli, capaci di denunciare le illegalità. È sicuramente interessante vedere l’impegno dei giovani, la voglia di conoscere e di ribellarsi. Coinvolgente è il confronto con altri ragazzi, con altre scuole.
Un ringraziamento particolare a Libera Presidio Scuola dell’Umbria che ogni anno riesce a coinvolgere tante scuole, con studenti e docenti, sui temi cari alla lotta alle mafie. I ragazzi del quinto hanno presentato un video “Le rose nere” sulle donne uccise dalle mafie. Francesca, Eleonora, Sofia, per il gruppo autore del video, ci dicono che lavorando per Libera hanno scoperto un mondo purtroppo poco conosciuto, un mondo che alcuni possono immaginare ma che non conoscono profondamente, un mondo diverso da quello che i giovani sono abituati a vivere, un mondo duro, un mondo che non lascia scampo.
L’intervento di Franco La Torre, sollecitato anche dalle domande della platea, è stato estremamente avvincente ed interessante. Il nome di suo padre, Pio La Torre, e purtroppo anche la sua morte, è legato alla Legge Rognoni – La Torre. Prima dell’approvazione di questa Legge, cioè fino all’estate del 1982, afferma il relatore, la mafia non era un reato, la parola solitamente suscitava ilarità, veniva identificata con la sicilianità e soprattutto veniva negata. L’approvazione di questa legge finalmente permette di riconoscere la mafia come reato. Franco La Torre sottolinea il fatto che se vogliamo, oggi, possiamo cambiare le cose, il presupposto per questo è il sapere, lo studio, la conoscenza. Ricorda che suo padre, di famiglia siciliana poverissima, nato tra le due guerre, nel 1927, quando la situazione economica era spaventosa, quando si viveva tutti, soprattutto le famiglie molto numerose, in un’unica stanza condivisa spesso, tra l’altro, con gli animali, comunicò, a cinque anni, ai suoi genitori la volontà di andare a scuola, considerata unica possibilità per cambiare le cose. Arrivato all’università Pio decide di impegnarsi per il riscatto della sua gente. Proprio lui è la dimostrazione che se vogliamo possiamo cambiare il nostro destino, dobbiamo naturalmente farlo insieme se vogliamo risultati, soprattutto contro le mafie.
La mafia è un fenomeno di classi dirigenti – diceva Pio La Torre – di una classe a cui non piace il progresso e soprattutto la libertà, una classe che ama il controllo, il potere sugli altri. Rivolgendosi ai giovani, Franco La Torre, li invita a combattere perché il sapere sia per tutti, la libertà sia per tutti. Continua affermando che il Paese non va avanti se c’è un gruppo di privilegiati che vorrebbero tutti gli altri schiavi, quando questi ultimi vogliono essere liberi.
Tornando a ricordare la vita del padre afferma che nel 1969 si trasferisce a Roma.
È possibile colpire la mafia, sosteneva l’Onorevole La Torre, nel suo interesse principale, il denaro, e la Legge Rognoni – La Torre con la confisca toglie i beni alla mafia, ciò è molto più pesante per un mafioso della galera, quest’ultima infatti è un punto di orgoglio, “fa curriculum” sostiene il relatore. Prima del carcere duro i mafiosi continuavano a comandare, anche in modo più comodo, dal carcere; il penitenziario di Palermo, l’Ucciardone, veniva chiamato dai mafiosi Hotel l’Ucciardone.
Continuando nel suo intervento, precisa che la mafia imperversa dove le Istituzioni non sono “attente”, la mafia è in tutta Italia e si infiltra soprattutto dove non ci sono leggi che la fermano. La nostra nazione è nota per l’antimafia, i mafiosi vanno dove le condizioni sono più favorevoli, le mafie diventano internazionali, i mafiosi investono in Paesi dove non ci sono le condizioni che limitano il loro operato, dove non c’è coscienza, non c’è consapevolezza.
L’Unione Europea nel marzo 2014 ha finalmente approvato la direttiva per la confisca dei beni ai mafiosi, questo è un passo importante, anche se gli Stati hanno tempo trenta mesi per recepire quella legge. In Europa sono attive 3.600 organizzazioni criminali e molte di queste hanno un profilo mafioso. Le classi dirigenti di molti di questi Paesi non accettano il confronto democratico, tendono ad allontanare, ad eliminare chi dà fastidio, chi ricorda la legalità. In Italia abbiamo ben quattro organizzazioni mafiose e nuove ne stanno nascendo. In Europa si muovono tante mafie anche extra europee.
Il fondatore di LIBERA, Don Luigi Ciotti, ricorda che mafie e corruzione sono facce della stessa medaglia. Le mafie oggi usano meno violenza fisica ma più violenza psicologica.
Dobbiamo spesso combattere con noi stessi per non far riemergere la bestia che ci permette di farci corrompere. La corruzione costa all’Europa 120 miliardi di euro all’anno, l’intero bilancio della Commissione Europea, questi i dati del 2012. Metà di questo importo lo fatturiamo in Italia. La battaglia contro la corruzione è anche una battaglia per lo sviluppo. Il futuro è un’impresa straordinaria, dipende dall’impegno che ci mettiamo. Per superare le difficoltà, gli ostacoli ci vuole impegno, volontà, consapevolezza, autodeterminazione. Se siamo in tanti ce la possiamo fare.
Il 20 marzo, il giorno prima della manifestazione nazionale, i familiari delle vittime si incontrano, sono esperienze toccanti, c’è chi riesce a parlare solo molti anni dopo il proprio evento luttuoso. Quest’anno insieme ai familiari delle vittime di mafia saranno presenti anche i familiari delle vittime delle stragi, molte delle quali sono rimaste ancora impunite.
Il lavoro “Le rose nere” è visionabile, insieme ai lavori dello scorso anno “Tra mille nomi”, “Cash money” e “Ad alta voce”, sul sito della scuola, Istituto di Istruzione Superiore “Italo Calvino” Città della Pieve, sotto Eventi o meglio su Progetti d’Istituto, scorrendo sulla destra, e cliccando su Educazione alla cittadinanza e alla legalità, basta poi cliccare sopra il titolo dei video.
Anisa Meca