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Vi racconto un po’ di me

Pubblicato da il 16 Giugno 2015

1-Foto ADELE-001

Ecco, dal titolo, già si capisce tanto….

Mi presento: sono Adele, una ragazza di ormai 15 anni e mezzo con i sogni nel cassetto, i desideri, le idee e i suoi idoli, da normale adolescente. Frequento, o per meglio dire stavo frequentando, il secondo anno delle scuole  Superiori a Città della Pieve, il piccolo paese in cui abito.

Comincerò da subito nel dire che, purtroppo, come i ragazzi e le ragazze che hanno scritto nel libro del reparto dell’ospedale dove sono ricoverata, anche io ad un certo punto della mia crescita (11 anni), sono caduta in questa strana e brutta trappola sconosciuta ai miei occhi. Tutto cominciò in un afoso e caldo giorno di giugno. Quel giorno avevo un piccolo torneo di pallavolo e, pronta a concludere l’ultima azione della partita con un bellissimo bagher, improvvisamente sentii la testa vuota, il sole mi accecava,  non lo sopportavo ed ero immersa in un bagno di sudore. Ricordo che feci un gesto a mio padre che era lì, che mi guardava confuso. Così si avvicinò e mi chiese cosa stava succedendo ed io mi appoggiai a lui, come se da un momento all’altro dovessi perdere l’equilibrio  e cadere. Notò che sulle braccia avevo dei lividi sospetti dalla forma irregolare e per questo mi domandò se avessi sbattuto da qualche parte;  gli riferii che mi erano comparsi da quella mattina senza motivo apparente. La mattina dopo, mio padre, allarmato da questi segni decise, insieme a mia madre, di farmi un prelievo di sangue da cui si evidenziò un disordine completo dell’emocromo. Da lì al ricovero passarono poche ore… aprii la porta dell'<<oncoemetaologia pediatrica>>, nome ignoto e impronunciabile per le mie conoscenze, e da lì incominciò tutto… tutto il mio percorso.

Mia madre non era più la stessa, i suoi occhi brillavano più volte del solito, ed io mi facevo sempre più domande, ero spaesata e impaurita, non capivo perché tutte le mattine arrivavano dei “vampiri” che mi succhiavano il sangue dalle braccia. Bah!… forse era una cosa grave!?

E lo capii, quando un giorno mia madre entrò e mi disse con voce tremante e viso corrugato che si trattava di una LEUCEMIA. Rimasi indifferente alle sue parole, perché non sapevo di cosa si trattasse esattamente. In quei giorni di degenza in reparto, conobbi molti ragazzi come me, più piccoli, ma anche più grandi… poi dottoresse e tanti simpaticissimi infermieri fra cui Massimo, un mio compaesano.

Ma sono state le fantastiche maestre Melania e Raffaela e la giovane psicologa del reparto Letizia a farmi integrare con semplicità e spontaneità nella quotidianità del reparto, pur mantenendo il contatto con la mia vita ‘’reale’’, per esempio avevo la possibilità di continuare i miei studi e non perdere il gruppo classe.

Ma veniamo ad oggi…. Che ci faccio ancora qui? A sentire ancora questi rumori, gli stessi suoni di un tempo, gli stessi odori e i pianti dei più piccoli?!! Proprio ora che mi sentivo libera da tutto questo e proiettata verso il futuro, devo di nuovo guardare negli occhi il mio nemico. Quando il dottore mi ha detto che era necessario riprendere le terapie, mi sono sentita come un uragano in piena, è bastato un attimo per farmi rivivere le stesse emozioni e sensazioni di tre anni prima, solo che ora le onde sono molto più alte e violente!! Sfogare la rabbia e il dolore che ho sentito  dentro di me, mi ha permesso di concentrarmi e di ritrovare la grinta per sfoderare le vecchie armi e proseguire dritta per il mio obiettivo: LA GUARIGIONE!

Mi sento di dire a tutti coloro che leggeranno questo mio messaggio, di non perdere mai la speranza, perché la vita è come una professoressa un po’ antipatica: ti fa fare la verifica a sorpresa e poi ti spiega la lezione!

Adele Modesti

 

 

 

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